16 Luglio 2014. Riapertura oratorio “San Rocco”
Alcune immagini della prima messa, celebrata dal vescovo di Trapani, monsignor Pietro Maria Fragnelli, nel restaurato oratorio di Palazzo San Rocco, nel centro storico di Trapani
Alcune immagini della prima messa, celebrata dal vescovo di Trapani, monsignor Pietro Maria Fragnelli, nel restaurato oratorio di Palazzo San Rocco, nel centro storico di Trapani
“Derive – difficili approdi” a cura di Giorgia Romano e Nino Portoghese. In mostra le opere di quattordici artisti provenienti da vari Paesi: Selim Abdullah, Azelio Corni, Carmela Corsitto, Markus Daum, Paolo Fichera, Emily Joe, Matthias Loebermann, Salvatore Lovaglio, Francesco Marelli, Antonio Pecchini, Alfredo Romano, Federico Simonelli, Jano Sicura, Annibale Vanetti.
“La deriva è una cifra della modernità. In questi giorni è sotto gli occhi di tutti come troppo spesso le acque del mediterraneo diventano la tomba delle speranze di tanti uomini e donne e, nella deriva dei loro corpi senza vita, vediamo uno specchio macabro del nostro egoismo”, commenta il direttore del Museo Diart/San Rocco monsignor Liborio Palmeri. “In tale contesto – prosegue – acquistano ancor più valore che in passato gli ideali di pace, amicizia, solidarietà e accoglienza, a cui l’arte ha il compito di dare voce. A meno che anch’essa non cada nella tentazione del facile approdo del denaro, del successo, della visibilità ad ogni costo”.
La mostra, inserita in un più ampio progetto culturale inteso a stimolare la cooperazione e il dialogo interculturale tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ha riscosso notevole successo di critica e di pubblico nell’allestimento realizzato al Monastero del Ritiro di Siracusa dal 15 settembre al 6 ottobre scorso.
Il progetto espositivo itinerante, organizzato dall’Associazione “L’arco e la fonte” di Siracusa con la collaborazione del Museo Di-Art San Rocco di Trapani è promosso dal Rotary Club Siracusa Monti Climiti, con la partecipazione dei Club services di Trapani, Siracusa Ortigia, Augusta, Pozzallo-Ispica ed ha il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Siracusa e del Distretto Rotary 2110 Sicilia-Malta. La mostra è visitabile dal martedì alla domenica dalle 18 alle 22, fino al 2 novembre.
Una vita breve ma intensa, quella della poetessa milanese Antonia Pozzi (1912-1938), candidata a diventare una delle maggiori voci femminili della letteratura italiana del Novecento. Una fiaba senza lieto fine, ma che ci ha lasciato versi di straordinaria intensità e modernità.
“Antonia – ha commentato Stefania La Via, curatrice dell’ultimo appuntamento di “Terrazza d’Autore” 2013 – viveva della poesia “come le vene vivono del sangue”, la riteneva un privilegio che si può ripagare solo con l’intera esistenza. Per lei la poesia è stata esperienza totalizzante, assoluta, ha inteso l’essere poeta non come sciocca presunzione di valore ma come lucida assunzione di un destino, da lei percorso fino in fondo”. Una consapevolezza che è tutt’uno con la rara sapienza della parola, in questa autrice che attraversò la vita in punta di piedi, definendo la propria esistenza “un tenue fiato di bianco / in cuore all’azzurro”.
.
È il 26 dicembre del 1965, Alcamo, Francesca ha diciassette anni e, come tante ragazze d’allora, viene rapita e stuprata. Quel genere di rapimenti si concludevano, di solito, con le nozze, consentite dall’articolo 544 del Codice penale (il c.d. Codice Rocco) che prevedeva il matrimonio riparatore. Ma questa volta accade qualcosa di diverso: la famiglia decide di denunciare il rapitore che finisce il galera. Franca diventa un’eroina popolare, la ragazza che – per prima – disse no. Altre giovani, dopo di lei, troveranno la forza di ribellarsi a un destino terribile grazie alla sua scelta.
A raccontare la storia di Franca Viola, secondo la sua sensibilità di narratrice, per il secondo appuntamento di “Terrazza d’Autore” 2013, è stata scrittrice e narratrice palermitana Beatrice Monroy con il suo libro “Niente ci fu”.
“La violenza – ha commentato il presidente della Fondazione Pasqua2000, monsignor Liborio Palmeri – è, prima di tutto, nella testa. E’ compito della cultura educare ad un nuovo codice, pacifico, della coscienza; è compito di tutti i cittadini accogliere il dono di una conoscenza che li emancipa e li rende sempre più consapevoli protagonisti di una società che desiderano più giusta”.
.
Sono state le voci de “Le Siciliane” di Giacomo Pilati ad aprire, sabato 13 luglio, la serie di incontri dell’edizione 2013 di “Terrazza d’Autore”, la rassegna letteraria curata da Stefania La Via e Ornella Fulco per la Fondazione Pasqua2000, nell’ambito delle attività di promozione della lettura della Biblioteca diocesana “Giovanni Biagio Amico” di Trapani. “Le donne sono state troppo tempo in silenzio – dice Giacomo Pilati – per anni hanno nutrito passioni e dolori nel chiuso delle loro case. Sono le loro parole nuove che mi hanno sedotto di più. L’indecifrabile attaccamento alla verità. La verità e basta. Donne che non vivono di ricatti presenti o passati. Che sono forza e basta. Lontane anni luce dai modelli imposti dalla televisione, dai giornali e purtroppo anche dalla politica”. Dalla sconosciuta “pastora” di Castelbuono, a Felicia Bortolotta Impastato, madre di Peppino, dalla battagliera maestra di Camporeale Maria Saladino a Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime della strage mafiosa di Pizzolungo, sono tante e diverse le “voci” delle donne siciliane che Pilati ha incontrato e scelto di “fermare” nei due libri che hanno raccolto le loro testimonianze. “Se ho scritto questi libri è perché loro, le donne siciliane – dice ancora Pilati – la loro storia l’avevano già scritta. Alcune col sudore, altre col sangue. Ma sempre con l’inchiostro limpido di chi ha fatto della propria vita una scelta, sempre consapevoli di dovere pagare alla fine il prezzo più alto”. .
Il poeta veneziano Renzo Cremona si ripropone al pubblico trapanese con un recital-evento di rara bellezza in cui è protagonista la neve sotto tutte le sue forme. Voci di Ornella Fulco e Renzo Cremona. Con la partecipazione di Desirée Baiata e Gaspare Fodale. Trapani, 15 Dicembre 2012, Palazzo De Filippi.
Viaggio nella Sicilia degli eccessi e dei contrasti, terra popolata di briganti e di signorotti, di miserie e ricchezze, in un Settecento che non appare poi così distante dalla tormentata epoca attuale, e insieme scavo nell’ “antichitate” della nostra lingua, nelle sue risonanze segrete e nei suoi echi lontani, Retablo è uno dei romanzi più interessanti dello scrittore siciliano Vincenzo Consolo. Lo si potrebbe definire, come è stato detto, “una poesia in forma di romanzo”, un canto d’amore appassionato per una terra enigmatica e inafferrabile, una terra da cui è dolorosamente necessario separarsi per potere avere una migliore prospettiva di osservazione.
Il tema centrale è quello del viaggio, inteso come ricerca, ma anche come fuga, vagabondaggio per placare l’anima ed esplorazione per nutrirla, viaggio della memoria e del futuro. Fabrizio Clerici, pittore illuminista, gentiluomo misurato, distaccato e razionale fugge da un amore infelice a cui vuole prontamente opporre il “contravveleno” della distanza, prima che si impossessi definitivamente di tutto se stesso: l’amore per donna Teresa Blasco, che gli ha preferito il giovane Cesare Beccaria (il noto autore del pamphlet Dei delitti e delle pene). Egli, partendo da Milano, intraprende questo viaggio per allontanarsi da lei ma anche per descriverle le bellezze della Sicilia, terra della madre di donna Teresa. E in fondo questo allontanarsi non è che un tentativo di possederla più intimamente, di conoscere le sue radici, la parte più intrinseca e nascosta del suo essere.
“Retablo” è un termine catalano. Si tratta di una narrazione pittorica costituita da tavole poste in sequenza, in cui spesso si associano pittura e scultura. Istintivamente il lettore collega il titolo alla presenza nel romanzo di quattro storie giustapposte che di volta in volta si incrociano e si sovrappongono, per poi tornare a separarsi: le storie di don Fabrizio Clerici, di donna Teresa Blasco, del focoso frate Isidoro e della bella e misteriosa popolana Rosalia. Ma il senso del titolo non è solo questo. Il senso profondo del “retablo” ce lo spiega il romanzo stesso, quando i due viaggiatori, il pittore illuminista e il frate siciliano, che lo accompagna, durante una festa popolare si imbattono nel “retablo delle meraviglie”, un trittico a rilievo di carta pesta o stucco, coperto d’una polvere dorata, privo di figure vere, ma con increspature, rialzi e avvallamenti…Un’opera strana e misteriosa dove ognuno può leggere ciò che vuole…
Fantastico, incantato, bruciato dal sole, il mondo descritto in questo romanzo appassionante. Un mondo di luce e di tenebra su cui la scrittura sperimenta il rischio della propria fallibilità: “Siamo costretti tutti quanti vogliamo rappresentare questo mondo: il musico, il poeta, il cantore, il pintore, a rimanere ai margini, ai bordi della strada…guardiamo, esprimiamo e talvolta, con invidia, con nostalgia struggente, allunghiamo la mano per toccare la vita che ci scorre per davanti…”
E tutto ciò in una prosa straordinaria resa viva e animata, in occasione del “racconto” che Stefania La Via ha offerto al folto pubblico di Terrazza d‘autore, dalla sapiente interpretazione del lettore Giovanni Barbera.
Il poeta Renzo Cremona torna a “Terrazza d’Autore” con il suo “Sedici settimane. Δεκάξι βδομάδες” Ventotto microcosmi proposti in italiano e neo greco che – appartenenti al medesimo universo – pongono limiti e relazioni. La tematica amorosa si riferisce spesso alla notte come luogo altro o di unità fisico-spirituale di non facile approdo, che diviene “isola perfetta”. Ideale e materia creano quel doppio nodo verso l’incognito, esemplato dal distico “ci sono nella notte reti profonde. Solo le correnti sanno dove portarle”.
Nel quarto appuntamento di “Terrazza d’Autore” il professore Alessandro Bertirotti ha raccontato il mondo segreto di Emily Dickinson, “la sua lettera al mondo”, secondo la definizione data in versi, dalla stessa poetessa, alla propria poesia. Figura enigmatica e affascinante, bianca vestale della poesia, Emily Dickinson scelse di isolarsi dal mondo facendo della scrittura un epistolario in versi per un destinatario ignoto. Alessandro Bertirotti è antropologo e docente di Psicologia generale presso l’Università degli Studi di Genova.
Fabrizia Sala – scrittrice, psicologa e psicoterapeuta – ha proposto un viaggio nell’opera e nel pensiero di Pavel Florenskij, noto come il “Leonardo da Vinci della Russia” per essere stato matematico, fisico, ingegnere, e, sull’altro versante, teologo, filosofo, storico dell’arte. Marito e padre di cinque figli, fu anche sacerdote ortodosso, status che gli costò la vita nel 1937 quando fu fucilato, per ordine del regime comunista, dopo aver trascorso quattro anni in prigionia nel gulag delle isole Solovki. Ripercorrere la vicenda umana di Florenskij ci restituisce, dopo decenni di oblio seguiti alla sua scomparsa, la figura di un uomo libero, restio a ogni compromesso, unicamente interessato alla ricerca della verità. “La vita non è affatto una festa – scriveva ai figli dal gulag – ma proprio rendendosi conto di questo bisogna avere dinnanzi allo sguardo interiore l’armonia e cercare di realizzarla”.
.