Posts Tagged ‘Stefania La Via’

30 agosto 2011. “Alda Merini, le ragioni di una poesia”

E’ difficile parlare di Alda Merini,  cogliere la sua multiforme essenza, tentare di definire, cioè di circoscrivere con le parole, quello che è stato il magma ribollente di un’esistenza appassionata, di una vita in poesia. E’ stata una donna a cui è toccato in sorte il destino della poesia, un destino mai da lei tradito. Non è stata una letterata, Alda Merini, ma certo uno dei più veri poeti del Novecento. Pochi sono stati così profondamente poeti nel senso di una naturale necessità a trasformare in parole ogni esperienza, quasi ogni emissione di fiato. La scrittura poetica della Merini è fatta dalla sua vita, e viceversa. Impossibile porre barriere tra ciò che nella sua scrittura è vero e ciò che non lo è, separare la vita vissuta da quella sognata. Alda Merini è stata una voce che lucidamente si è lasciata abitare dall’ignoto, che ha proceduto dalle oscurità piuttosto che dalle troppe sapienze della mente, che ha saputo trascorrere tra dolori e deliri senza cedere al compiacimento.

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Scritto da il 01-09-2011 Commenti disabilitati su 30 agosto 2011. “Alda Merini, le ragioni di una poesia”

5 agosto 2011. “Inciampo non appena cammino lentamente”

Il quinto appuntamento di Terrazza d’autore 2011 è stato dedicato alla produzione poetica di Jumana Mustafa. Nata in Kuwait da una famiglia palestinese la poetessa ha vissuto in Giordania dove ha ricevuto la cittadinanza. Tre le sue raccolte pubblicate, “Estasi selvaggia”, “Dieci donne” e  “Una bellezza defunta vincerà la scommessa”. “Inciampo non appena cammino lentamente” raccoglie trentacinque poesie scelte dalle sue raccolte e revisionate dalla stessa autrice per essere tradotte in italiano. L’appuntamento, presentato da Stefania La Via,  ha visto la presenza della traduttrice italiana Bianca Carlino.

Letture a cura di Ornella Fulco.

Scritto da il 07-08-2011 Commenti disabilitati su 5 agosto 2011. “Inciampo non appena cammino lentamente”

1 agosto 2011. Stefania La Via racconta “Il Gattopardo”

Il quarto appuntamento di Terrazza d’autore 2011, è stato dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia. Nella splendida cornice del Baglio Genuardi a Bonagia Stefania La Via ha raccontato “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’opera, capolavoro della narrativa del Novecento, uscì postuma nel 1958 e creò uno dei maggiori casi letterari del secondo dopoguerra. Un eccezionale successo di pubblico, culminato con l’assegnazione del Premio Strega e definitivamente consacrato nel 1963 dall’omonimo film di Luchino Visconti. La storia della società in Sicilia nel periodo tra lo sbarco delle truppe garibaldine e la fine del secolo XIX è rappresentata attraverso le vicende del principe Fabrizio Salina e del nipote Tancredi, l’uno chiuso in una sfiducia malinconica ed elegiaca nella storia e nelle sue possibilità di riscatto e di progresso, l’altro pienamente immerso nel vortice degli eventi per dirigerli e far sì che “tutto cambi per restare come prima”. Sullo sfondo l’irredimibile Sicilia, fatalista e immobile, attratta voluttuosamente, come il protagonista, dalla morte e dal nulla.

Letture a cura di Giovanni Barbera e Ornella Fulco.

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Scritto da il 03-08-2011 Commenti disabilitati su 1 agosto 2011. Stefania La Via racconta “Il Gattopardo”

15 luglio 2011. Maria Antonietta La Barbera racconta Georges Bernanos

“Una finestra sulla notte. La scrittura-parola di un uomo libero”, questo il titolo del secondo appuntamento di Terrazza d’Autore condotto da Maria Antonietta La Barbera. Un viaggio intenso ed emozionante dedicato alla vita e alle opere di Georges Bernanos. Una scrittura che si fa parola “incarnata” e che tenta di rispondere ad una domanda quanto mai attuale: si può vivere da uomini liberi in una società sempre più dominata da condizionamenti di ogni tipo?

Scritto da il 17-07-2011 Commenti disabilitati su 15 luglio 2011. Maria Antonietta La Barbera racconta Georges Bernanos

9 luglio 2011. Rosalia Billeci racconta “Fuochi” di Marguerite Yourcenar

“Fuochi” si presenta come un lungo monologo sull’amore scandito da più voci. L’autrice affida a personaggi del mito l’analisi dell’amore totale, del rischio che esso esprime per sé e per l’altro, in una prosa tesa e ornata, che  verrà offerta al pubblico nella splendida traduzione della poetessa Maria Luisa Spaziani.

Voci: Rosalia Billeci e Stefania La Via. Accompagnamento musicale: Nicola Marchese e Samuel Giamfy

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Scritto da il 10-07-2011 Commenti disabilitati su 9 luglio 2011. Rosalia Billeci racconta “Fuochi” di Marguerite Yourcenar

1 ottobre 2010. “Il Canone del Tè”. Reading con Renzo Cremona

“E’ l’alba primordiale, e noi cominciamo a parlare, lisci, ad apprendere ancora una volta la lingua che dell’acqua avevamo perduto, dei laghi stupefatti, della neve che riposa in un sonno pluviale sui crinali dei monti…” (da “Acqua” – “Il canone del tè”, Renzo Cremona)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il testo di una spettatrice che ha assistito al reading e ha voluto condividere con noi le sue emozioni.

“In piedi, appoggiata al muro, ho voglia di scivolare lentamente e sedermi sul pavimento; ma i miei cinquant’anni non mi danno il permesso. Eppure, sento che scivolare fino a posarmi per terra mi aiuterebbe: raccoglierei le ginocchia al petto, poggerei i gomiti sulle ginocchia, nasconderei la faccia tra le mani ed entrerei tutta dentro me stessa.
E sotto la potente suggestione delle poesie, sotto l’influsso magico della musica “ascosa”, dei profumi e sapori dei tè che mi vengono serviti in silenzio, forse riuscirei a ricordarmi la strada per tornare a quell’altrove dove non sono mai stata, a quella parte del mio passato che non ho mai vissuto e a riannodarmi al filo della mia poesia interrotta.
Una nostalgia struggente scende liquida dai miei occhi mentre sento fiorirmi in faccia un sorriso idiota. Il poeta e le sue vestali parlano della mia casa, del mio giardino, della mia vita perduta. Poi, si fermano per compiere il rito del tè.
E io lo so – perché lo vedo – che poeta e vestali sono sul palco di una sala conferenze, davanti ad un pubblico in religioso silenzio del quale faccio parte, ma “credo”: che stanno bevendo il tè in casa mia, nella mia vera casa, dove io non posso entrare.
L’ultima poesia; gli applausi soffocano le ultime note. Il pubblico si frammenta in piccoli gruppi: alcuni si scambiano le proprie impressioni, altri vanno a salutare il poeta, altri ancora si affrettano all’uscita rientrando poco dopo con dei libri in mano. Sembra che nessuno voglia andarsene.
Anch’io non ho voglia di andarmene, anch’io voglio salutare il poeta, confidargli le mie emozioni, la mia nostalgia; ma prima raggiungo la piccola folla assiepata appena fuori dalla sala e chiedo di acquistare “Il canone del tè”. Tutte le copie sono già esaurite; una delle vestali mi soccorre, suggerendomi “Tutti senza nome”. Prendo anche “Oz” e mi avvio trafelata verso il palco.
Raggiungo il poeta, mentre tiene fra le mani la mano di un vecchio signore dal sorriso beato, che gli sta dicendo qualcosa; altri sono già in attesa.
Finalmente riesco a farfugliare quello che sento e, inaspettatamente, il poeta mi risponde che le mie sono le emozioni che spera sempre di suscitare, soprattutto con “Il canone del tè”; mi scrive due meravigliose frasi d’augurio, una su ciascuno dei due libri che gli porgo: auguri di libertà, di spazio, di tempo, di silenzio. Lo ringrazio commossa. Vorrei dirgli che la mia vita è una continua lotta per la libertà, lo spazio, il tempo e il silenzio, ma di nuovo non mi do il permesso: non posso trattenere oltre la sua attenzione.
Arrivo a casa e trovo tutte le scuse per ritardare il momento di immergermi nella lettura. Ho paura: paura di restare delusa, paura di scoprire che, senza musica, senza bicchierini da tè, senza voci suadenti…
Alla fine cedo. E la magia ritorna: nuda, splendente”.

Scritto da il 02-10-2010 Commenti disabilitati su 1 ottobre 2010. “Il Canone del Tè”. Reading con Renzo Cremona

25 settembre 2010. “Dei vizi e delle virtù”, il tempo antico. Recital di Renzo Cremona

“E’ bella l’estate, é come una barca oscillante sull’acqua che si perde tra i riflessi del crepuscolo, una vasta, immensa prateria che con le sue erbe altissime arriva fino alle cime degli alberi e li assorda di vita…” (da “Temperanza” – “Dei vizi e delle virtù”, Renzo Cremona)


Scritto da il 26-09-2010 Commenti disabilitati su 25 settembre 2010. “Dei vizi e delle virtù”, il tempo antico. Recital di Renzo Cremona

22 agosto 2010. “Le città invisibili project” da Italo Calvino

Ne “Le città invisibili” non si trovano città riconoscibili. Sono tutte città inventate, ognuna con un nome di donna. Per qualche tempo mi veniva da immaginare solo città tristi e per qualche tempo solo città contente; c’è stato un periodo in cui paragonavo le città al cielo stellato, e in altri momenti invece mi veniva sempre da parlare della spazzatura che dilaga fuori dalle città ogni giorno. In tutti i secoli ci sono stati poeti e scrittori che si sono ispirati al “Milione” di Marco Polo come ad una scenografia fantastica. Poche opere possono vantare una sorte simile: libri che diventano come continenti immaginari in cui altre opere letterarie troveranno il loro spazio; continenti dell’altrove, oggi che l’altrove si può dire che non esista più e tutto il mondo tende a uniformarsi. A Kublai Khan, imperatore malinconico, che ha capito che il suo sterminato potere conta ben poco perché tanto il mondo sta andando in rovina, un viaggiatore visionario racconta di città impossibili e misteriose. Che cosa è oggi la città, per noi? Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili: immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici. (dall’introduzione di Italo Calvino)

Voci: Ornella Fulco, Stefania La Via, Nicola Augugliaro.

Musiche: Enzo Toscano

Contributi video e ottimizzazione : Matteo Gagliano

 

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Scritto da il 22-08-2010 Commenti disabilitati su 22 agosto 2010. “Le città invisibili project” da Italo Calvino

12 agosto 2010, Valderice. “Mũθοι/Miti. Monologhi per voce sola”

Rassegnarsi all’età che passa o continuare ad amare (Saffo), osare essere se stessi fino in fondo o affidare ad altri la definizione della propria identità (Arianna), amare completamente o difendersi dall’altro (Calipso), continuare il viaggio o affrontare il ritorno (Ulisse), mantenersi fedeli nonostante tutto o smettere di attendere (Penelope), guardare negli occhi le proprie paure o soccombere ad esse (Orfeo), scegliere tra le leggi scritte della società e quelle non scritte del cuore (Antigone). Su tutto lo sguardo della Storia e la sua impotenza dinanzi alle scelte degli uomini (Clio). I monologhi, in prosa, sono inframmezzati da versi di altri autori in un intrigante gioco di rimandi tra sensibilità ed epoche differenti.

Scritto da il 12-08-2010 Commenti disabilitati su 12 agosto 2010, Valderice. “Mũθοι/Miti. Monologhi per voce sola”

4 agosto 2010. “Sono nata il 21 a Primavera. Alda Merini: le ragioni di una poesia”

Non è facile parlare di Alda Merini,  cogliere la sua multiforme essenza, tentare di definire, cioè di circoscrivere con le parole, quello che è stato il magma ribollente di un’esistenza appassionata, di una vita in poesia. E’ stata una donna a cui è toccato in sorte il destino della poesia, un destino mai da lei tradito. Non è stata una letterata, Alda Merini, ma certo uno dei più veri poeti del Novecento. Pochi sono stati così profondamente poeti nel senso di una naturale necessità a trasformare in parole ogni esperienza, quasi ogni emissione di fiato. La scrittura poetica della Merini è fatta dalla sua vita, e viceversa. Impossibile porre barriere tra ciò che nella sua scrittura è vero e ciò che non lo è, separare la vita vissuta da quella sognata. Alda Merini è stata una voce che lucidamente si è lasciata abitare dall’ignoto, che ha proceduto dalle oscurità piuttosto che dalle troppe sapienze della mente, che ha saputo trascorrere tra dolori e deliri senza cedere al compiacimento.

Scritto da il 04-08-2010 Commenti disabilitati su 4 agosto 2010. “Sono nata il 21 a Primavera. Alda Merini: le ragioni di una poesia”