8 agosto 2008. “Scalatore affaticato in marcia verso la montagna”. A cura di Andrea Badalamenti

Andrea Badalamenti racconta...

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Gesualdo Bufalino, ovvero il cantore della memoria e della speranza, dell’eterna lotta tra la vita e l’oblio che ne cancella le tracce, i segni. Autore anomalo, spesso assente dalle antologie letterarie del Novecento, forse a causa della sua tardiva scoperta e della sua ritrosia nel mostrarsi, nell’apparire. “Non voglio esibirmi”, diceva, “ perché in tutto quel che scrivo sospetto una sorta di interminabile, falsificato pettegolezzo su me stesso”. Il suo romanzo più noto, Diceria dell’untore vede la luce nel 1981, grazie all’incoraggiamento di Elvira Sellerio e dell’amico Leonardo Sciascia, ed è subito caso letterario. Quello stesso anno il romanzo vince il prestigioso Premio Campiello, portando alla ribalta un uomo di sessantuno anni, sino ad allora assolutamente sconosciuto, e la magia di una scrittura barocca, preziosa, ricca di artifici retorici, di una sontuosa ed esorbitante aggettivazione, intrisa di arcaismi e neologismi. Bufalino mette in scena l’amore, la morte, la vita stessa, come illusione, impostura, sogno. Egli stesso ammette di avere in comune con gli altri scrittori siciliani (Verga, Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa) la “disperazione esistenziale e la consapevolezza della doppia, tripla, infinita proiezione della realtà”. La Parola come disperato tentativo di fermare il tempo, per ritardare l’ora della morte, intesa come il momento in cui finisce la memoria e finisce la speranza, le sole capaci di dare senso all’esistere. E di questo “scalatore affaticato in marcia verso la montagna” ci rende conto il reading proposto nell’ambito di Terrazza d’Autore da Andrea Badalamenti, dove i testi di Bufalino si sposano in felice connubio e risonanza con alcuni brani musicali del miglior cantautorato italiano.

Stefania La Via

 

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