6 dicembre 2009. Ritiro spirituale a Monreale: “Puer natus est”
Il seminario della Diocesi di Trapani a Monreale si trova in un luogo incantevole: entrando dalla strada che da Pioppo scende verso Palermo non ti aspetti, dall’altra parte, quella straordinaria vista sulla Conca d’Oro. Il ritiro fatto lì é servito a questo: far conoscere un luogo nuovo, per ribadire un dato fondamentale del nostro passato, ovvero il fatto che Fondazione Pasqua2000 nasce dal progetto formativo del nostro Seminario e in particolare da quella sua parte, chiamata Seminarium colere, che estende la necessità della formazione, in senso sincronico, a tutte le scienze e le arti e, in senso diacronico, a tutte le età e a tutte le condizioni sociali. Dimenticare questo significherebbe dimenticare le radici di ciò che siamo.
Meditazione sul Natale all’ascolto di “Puer natus est”, antifona gregoriana della Missa in Nativitate Domini, tertia in die, introitus
Puer natus est nobis (Un bambino è nato a noi)
et filius datus est nobis, (e un figlio è stato dato a noi)
cujus imperium super humerum eius: (il suo potere sulla sua spalla)
et vocabitur nomen ejus (e sarà chiamato il suo nome)
magni consilii Angelus (Angelo del gran consiglio)
Ps.98 Cantate Dominum canticum novum quia mirabilia fecit
(Cantate al Signore un canto nuovo, perchè ha fatto cose meravigliose)
I RIFERIMENTI BIBLICI
Già il testo è un capolavoro di sintesi teologica:
L’antifona infatti mette insieme due testi biblici: uno dell’A.T., il profeta Isaia 9,6s, e uno del N. T., la Lettera agli Ebrei, capitolo 1,3-5; naturalmente nel testo latino della Vulgata, con qualche piccola variante che tra poco evidenzieremo.
Ecco il testo di Isaia da cui il puer è tratto:
Parvulus (puer, il puer miracolosus?) enim natus (post eventum) est nobis (dativo di vantaggio),
et
Filius (di chi?, qui l’antifona ha presente Eb 1,5: «Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?
E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio?»; il figlio dunque che nasce viene da Dio) datus (è infatti un dono, un’offerta) est nobis ( la ripetizione parallelistica assume un significato nuovo, questo figlio è offerto, donato per noi, non si può non pensare a Cristo nell’ultima cena: «questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi»),
et factus est principatus (cuius imperium, qui si evidenzia la libertà e il protagonismo di questo puer filius, lui conquista il suo imperium, – di imperium Isaia parlerà più sotto: sarà moltiplicato il suo potere e la pace non avrà fine; egli sederà come un re sul trono di Davide, dunque questo bambino è un re; e dove tiene lo scettro del suo potere? Non tra le mani, non è uno scettro, ma…) super humerum ejus ( … Sulle spalle, sugli omeri, il riferimento è chiarissimo: il figlio si dà per l’umanità e diventa re tenendo sulle spalle la croce) :
et vocabitur nomen ejus ( qui Paolo direbbe: fu obbediente fino alla morte di croce, per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome; e infatti l’antifona dice che un nome gli fu dato, quale?)
Admirabilis, Consiliarius, Deus, Fortis,
Pater futuri sæculi, Princeps pacis.
Multiplicabitur ejus imperium,
et pacis non erit finis ;
super solium David, et super regnum ejus sedebit,
ut confirmet illud et corroboret
in judicio et justitia.
(Magni Consili Angelus)
Nella Lettera agli Ebrei, infatti, troviamo questo Figlio, adulto, già morto e risorto, il quale “dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore agli angeli, quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?” (come un cerchio concentrico ritorna il binomio figlio-angelo superiore). E in effetti Gesù, in forza della sua risurrezione, ha ricevuto un “nome che è al di sopra di ogni altro nome”, l’antifona sintetizza questo nome e dice: Angelo del Gran Consiglio, nome dunque che rimanda al Cristo Glorificato e Risorto, ma anche alla sua preesistenza come “Consigliere” di Dio Padre al momento della creazione.
E’ così che possiamo capire il senso di “abbassamento” , di sofferenza e di morte, che c’è nella venuta di questo bambino.“Parvulus”, termine che si trova nel testo della Vulgata, diventa nel testo dell’antifona “puer”. Sappiamo come nella cultura pagana antica il termine “puer” avesse la valenza di un’attesa messianica; anche il mondo pagano, infatti, e non solo quello biblico, attendeva un “puer miracolosus”, come attesta per esempio l’opera virgiliana.
PRIMO ASCOLTO
LA MELODIA GREGORIANA DEL PUER
A questo punto chiediamo alla melodia gregoriana di accompagnare il senso di quanto abbiamo detto; essa puntualmente lo fa.
La forza del canto gregoriano è proprio questa, un legame intrinseco, inscindibile tra parola e canto. Il gregoriano raggiunge una sintesi che in poesia non era stata compiutamente possibile, far coincidere cioè l’ictus tonico delle parole con quello metrico senza perdere il pondus, cioè il peso delle parole; il gregoriano ottiene questo non più attraverso la quantità mensurale delle varie sillabe (per intenderci spondei, dattili, trochei, etc.), ma con la loro dilatazione melismatica nel canto, con la ripetizione della stessa sillaba su note diverse: viene in questo modo sottolineata l’importanza delle parole stesse e il loro senso spirituale; perciò i segni delle note vengono chiamati “neumi”, cioè “pneumi” da pneuma che rimanda al “fiato, al respiro” e dunque alla vita, ma anche allo Spirito Santo.
Così, nel Puer, due intervalli di quinta (sol-re) innalzano repentinamente la melodia: è il grido degli angeli ai pastori. E’ l’annuncio natalizio della Chiesa. La melodia centra subito l’attenzione sul bambino-figlio e lo porta in alto quasi a vezzeggiarlo come fanno i padri con i loro bambini quando li lanciano in aria per farli giocare;
ma la melodia subito incalza: questo bambino non è come gli altri, perciò il picco di tutto il canto è su imperium, sulla sua sovranità, che raggiunge pertanto la nota più alta, il FA ; Cristo è infatti Re, ma la sua regalità passa per il peso della croce.
Ed ecco allora che la melodia scende a posarsi con una pesantissima ripetizione della stessa nota per tre volte (tristrofe) proprio sulla parola humerum-spalla, dove si poserà, appunto, il legno della croce. A questo punto l’andamento diventa meditativo, quasi recitato, “et vocabitur nomen eius:magni consilii”… fino a riposare sulla parola Angelus: la risurrezione di questo bambino entra nella storia senza clamore nell’annuncio di alcuni uomini conquistati dalla sua martire innocenza.
La melodia del salmo è esplosiva della gioia pasquale, il salmo è quello della Pasqua: il canto nuovo di cui parla sant’Agostino nel suo commento a questo salmo.
SECONDO ASCOLTO
CONCLUSIONE
Una considerazione finale.
Solo un bambino poteva confondere la nostra sapienza e la nostra intelligenza.
Quante volte la sola presenza di un bambino ha placato l’ira di un violento o la volgarità di una conversazione.
Per questo Dio si è fatto bambino. E nel nostro tempo, in cui la società tutta e la Chiesa stessa, ferita al cuore da alcuni suoi membri, scoprono quanto facilmente e turpemente può essere violata l’innocenza di un bambino, in questo tempo, tanto più e a maggior ragione, il Bambino di Bethleem ci invita a deporre le nostre sicurezze di adulti.
Lasciamoci dunque gioiosamente sorprendere da Gesù bambino.
Alleggeriamo il peso della croce sulle sue spalle e scegliamo la via umile e autentica di una conversione che può avvenire solo dietro la maschera di ogni ipocrisia.
E’ questo l’augurio che rivolgo a me e a voi per il Santo Natale. Augurio che l’ascolto del Puer potrà compiere nel cuore di ciascuno di noi.
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