24 luglio 2009. La vela la tela. Lettere inedite tra Ulisse e Penelope
Ho scritto i primi otto canti di una Odissea in lingua siciliana nel 1982, perché Ulisse e le sue vicende mi hanno profondamente affascinato fin dai lontani giorni della seconda media: allora era d’obbligo che il poema omerico si studiasse per intero (che fortuna!) e in ogni suo dettaglio: di contenuto, di struttura, di analisi del verso. Io chiedevo che mi si interrogasse tutti i giorni. Mi incantavano le vicende e ancor più la fluidità della poesia, la meraviglia delle metafore.Crebbi poeta leggendo quel libro ed esplorandolo in ogni angolo. Nel 1996 ho sentito che il racconto doveva continuare e i canti divennero undici. Il viaggio di Ulisse non finisce, mi dicevo, non può finire. Nel 1997 ho scritto del personaggio che io considero il più importante di questo viaggio: Penelope che, fino a quel punto, avevo inconsapevolmente trascurato. Il canto su Penelope, esso stesso, mi spiegava all’improvviso una serie di cose, di interpretazioni su Ulisse e sul suo ininterrotto andare, sulla sua smania di fuga e sulla imprescindibile voglia di tornare, per poi ripartire. Come una condanna, la dannazione infinita di un legame destinato ad un finale che non è mai un finale ma una sorta di “né con te, né senza di te”.
Nel 1998 ho scritto le prime due lettere tra Ulisse e Penelope, come se mi si andasse dipanando la matassa del groviglio oscuro di sentimenti di costoro. Non a caso esse sono state subito concepite in lingua italiana, come a voler sottolineare che mentre i canti sono l’istinto giocoso, immediato, epico di me, novella Omero che torna a cantare di Ulisse, le lettere, al contrario, rappresentano il filo del pensiero più ragionato, più razionale (anche se parte da sentimenti ed emozioni). Una sorta di approdo al senso più profondo della vicenda sentimentale tra le più inquietanti che la storia del mondo ci abbia consegnato.
Nel giugno del 2002 ho ritrovato le prime due lettere e le ho completate in poche ore perché, ormai, il percorso in me si era chiarito. Da allora consegno il tutto al pubblico di spettatori e lettori che vogliono conoscere la mia chiave di lettura. Una libera interpretazione, si intende… Un po’ azzardata forse? Ma il Mito – io credo – esiste perché ciascuno possa farne uso a propria misura, si possa identificare, lo possa stravolgere, ricreare, spiegare, come sollievo e, persino, soluzione alla propria straordinaria e grave incombenza di vivere.
Marilena Monti (dalla prefazione a “La Vela la tela” )
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