8 agosto 2009. La mia rabbia è nel silenzio: la poesia di Maram al-Masri

La poetessa Maram al-Masri

La poetessa Maram al-Masri

Maram al-Masri giunge da Latàkia a Palermo, passando per Parigi, quattro anni fa, nella chiesa di Casa Professa, a due passi dal mercato di Ballarò. Una siriana e musulmana che ha voltato le spalle a secoli di storia e civiltà del Bilad al-Shām per incastonarsi nel cuore dell’Europa, Parigi. Per poi tornare indietro, seguendo la traiettoria inversa dello Scirocco, e fermarsi, solo per un giorno, nella città in cui sono nata, Palermo. Esattamente il 16 dicembre 2005. Io ero reduce da un soggiorno in Libia che mi aveva aperto una grande finestra su alcuni fatti “rimossi” della storia coloniale italiana. Quanto al mio arabo, in quel periodo balbettavo solo alcune semplici frasi. Lei arriva da Parigi nella mia città come ospite d’onore di una serata poetica, intitolata Un mare di Pace, organizzata nei locali della biblioteca comunale attigua alla chiesa di Casa Professa.Quando la poetessa entra in sala, quella sera, tutti gli occhi sono puntati sull’esatta combinazione di abito lungo bianco damascato, lunghi capelli neri e un sorriso fiero ed emozionato. Una sirena, pensa ad alta voce chi mi sta accanto. Le poesie che le sento recitare non corrispondono all’idea che mi sono fatta della poesia araba in generale. In altri termini, non mi sembra uno stile tradizionale, bensì molto originale che, in seguito, avrò modo di sentire vicino, per vari motivi, allo stile di altre poetesse arabe contemporanee come Inaya Jaber, Dunia Mikhail e Suzanne Alaywan, o addirittura ad alcune espressioni di Erri De Luca, nonostante questi poeti, forse, non si siano mai conosciuti o reciprocamente letti. Come se esistessero delle correnti di suggestione poetica che oltrepassano tanto i confini strettamente letterari di un manifesto stilistico deciso a tavolino, quanto i confini culturali e geografici tra i due ipotetici Oriente e Occidente. Una corrente poetica attuale che somiglia al Mare Nostrum che unisce, lega e rimescola tutti i punti cardinali e ci costringe a guardarci.

Da quella sera al giorno in cui decido di tradurre Ti minaccio con una colomba bianca (Genova, Liberodiscrivere® edizioni, 2008) per la mia tesi di laurea, passano alcuni mesi e le mie frasi pronunciate in arabo, anche se sintetiche ed essenziali, diventano più profonde e coraggiose per gli argomenti che si cimentano ad affrontare. Creiamo gradualmente, io e lei, dal francese, inglese e arabo, una lingua ibrida che useremo nella nostra comunicazione giornaliera via e-mail. Lei da Parigi, io da Palermo.

Dopo quasi quattro anni dal primo incontro, mi precipito qui, in uno dei mille Sud, in mezzo alla perpetua energia delle terre di scambio, a scrivere di lei per voi, di una donna araba, poetessa e personaggio, che conduce la sua battaglia, a favore della vera libertà degli esseri, “a colpi di versi” come i poeti della Jahilliyyah ed esprimendo la complessità del suo sentire, in modo spontaneo. Quei versi toccano diverse tematiche: un cuore spezzato da un abbandono, la nostalgia dei luoghi della giovinezza trascorsa in Siria, l’amore totalizzante, lo sradicamento dalla cultura siromusulmana di origine; argomenti affrontati, in alcuni casi, con sarcasmo.

Potete considerarla una poesia moderna e novecentesca per la sua essenzialità fotografica, oppure potete trovarla naïf dal momento che non ricerca l’intellettualismo “a tutti i costi”, incomprensibile ai più. Siete liberi di farne ciò che volete. Di avvicinarvi ad essa, abbandonarla e riprenderla quando ne avete voglia. Lei sarà lì ad aprirvi il suo sorriso quando la cercherete tra le pagine del libro. Perché la Poesia vi ama incondizionatamente. Quella di Maram in particolare. Parola di una sua traduttrice.

Bianca Carlino

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